MESSA
ALLA PROVA: IL TRIBUNALE DI COSENZA AMMETTE L’ESTINZIONE DEL REATO IN ASSENZA
DI RISARCIMENTO DEL DANNO
Lo
Studio Legale Facciolla valorizza l’alternatività tra risarcimento del danno e
condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa ai fini
dell’estinzione del reato
Il procedimento di messa
alla prova disciplinato dall’art. 168bis del codice penale è un procedimento speciale
che permette di accedere all’estinzione del reato commesso, evitando il
processo ed una eventuale sentenza di condanna attraverso l’espletamento di un
programma riabilitativo a carattere sociale o il risarcimento nei confronti del
danneggiato. Tale istituto è accessibile per i reati di minore gravità, recita
il codice: “puniti con la sola pena
pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni,
l’imputato può chiedere la sospensione del processo con – appunto – messa alla prova. La messa alla prova
comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il
risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l’affidamento
dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può
implicare, tra l’altro attività di volontariato ovvero prescrizioni relative ai
rapporti con il servizio sociale…”.
In un recente procedimento penale
per lesioni aggravate dall’utilizzo di armi – nella specie oggetti contundenti
- in cui l’imputato M.N. aveva avuto accesso all’istituto della messa alla
prova, lo Studio Legale Facciolla ha avuto modo di valorizzare due fondamentali
principi in ordine a tale procedimento speciale di estinzione del reato: il
risarcimento del danno non può essere indispensabile ai fini dell’assolvimento
della messa alla prova; tale risarcimento del danno non può e non deve essere
necessariamente pecuniario.
Nel caso specifico, la
Sezione Penale del Tribunale di Cosenza subordinava l’accesso all’istituto
della messa alla prova alla corresponsione di un risarcimento al danneggiato. I
difensori dell’imputato facevano rilevare che, in ossequio ad una corretta
applicazione dell’istituto per come disciplinato dall’art. 464bis del codice di
procedura penale, il programma di trattamento allegato all’istanza di richiesta
della messa alla prova deve prevedere: a)
le modalità di coinvolgimento dell’imputati; b) le prescrizioni comportamentali
e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al ine di elidere ed
attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del
danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni
attinenti al lavoro di pubblica utilità; ma anche alla lett. c) le condotte volte a promuovere, ove
possibile, la mediazione con la persona offesa. Tale ultima disposizione,
facevano rilevare i difensori, si pone in carattere di alternatività concettuale
rispetto alle disposizioni precedenti aprendo alla possibilità per l’imputato
che abbia avuto modo di intraprendere un percorso di conciliazione con il
danneggiato di non ì essere obbligato ad un risarcimento di tipo pecuniario.
Tale interpretazione è perfettamente in linea con il principio generale sancito
dalla Suprema Corte di Cassazione per cui “è
ingiustificato ritenere che la sospensione del procedimento con messa alla
prova sia necessariamente subordinata all’integrale risarcimento del danno”(Cass. Pen., Sez. V, sent. 3 febbraio 2015,
n. 4610).
Alla luce di questa
rilevante interpretazione della norma, i difensori di M.N., imputato per il
reato di lesioni lievi aggravate dall’utilizzo di armi per avere colpito
durante una manifestazione un individuo servendosi di oggetti contundenti,
chiedevano alla Sezione Penale del Tribunale di Cosenza, la quale riteneva
indispensabile il risarcimento pecuniario del danno ai fini dell’estinzione del
reato, che fosse inserito nel provvedimento di ammissione all’istituto la
possibilità alternativa di fornire prova di “condotte
volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa”.
All’udienza di verifica l’imputato dava prova di avere adempiuto al
raggiungimento di un bonario componimento della vicenda con il danneggiato
rendendo concettualmente superfluo un risarcimento economico.
Il provvedimento citato si
spinge addirittura oltre rispetto ai citati orientamenti della Suprema Corte
statuendo non solo che il procedimento di messa alla prova non possa essere
necessariamente subordinato all’integrale risarcimento del danno, ma
soprattutto che tale risarcimento del danno non può e non deve avere
necessariamente natura pecuniaria potendosi, in ossequio a quanto statuito
dall’art. 464bis del codice di procedura penale, sopperire attraverso la prova
di condotte volte a mediare con la persona offesa così da poter permettere a
chiunque ponga in essere reali attività conciliative con la persona offesa, al
di la delle condizioni economiche, di
poter beneficiare dell’estinzione del reato.