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MESSA ALLA PROVA: IL TRIBUNALE DI COSENZA AMMETTE L’ESTINZIONE DEL REATO IN ASSENZA DI RISARCIMENTO DEL DANNO

18/04/2019

MESSA ALLA PROVA: IL TRIBUNALE DI COSENZA AMMETTE L’ESTINZIONE DEL REATO IN ASSENZA DI RISARCIMENTO DEL DANNO

Lo Studio Legale Facciolla valorizza l’alternatività tra risarcimento del danno e condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa ai fini dell’estinzione del reato

Il procedimento di messa alla prova disciplinato dall’art. 168bis del codice penale è un procedimento speciale che permette di accedere all’estinzione del reato commesso, evitando il processo ed una eventuale sentenza di condanna attraverso l’espletamento di un programma riabilitativo a carattere sociale o il risarcimento nei confronti del danneggiato. Tale istituto è accessibile per i reati di minore gravità, recita il codice: “puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con – appunto – messa alla prova. La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro attività di volontariato ovvero prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale…”.

In un recente procedimento penale per lesioni aggravate dall’utilizzo di armi – nella specie oggetti contundenti - in cui l’imputato M.N. aveva avuto accesso all’istituto della messa alla prova, lo Studio Legale Facciolla ha avuto modo di valorizzare due fondamentali principi in ordine a tale procedimento speciale di estinzione del reato: il risarcimento del danno non può essere indispensabile ai fini dell’assolvimento della messa alla prova; tale risarcimento del danno non può e non deve essere necessariamente pecuniario.

Nel caso specifico, la Sezione Penale del Tribunale di Cosenza subordinava l’accesso all’istituto della messa alla prova alla corresponsione di un risarcimento al danneggiato. I difensori dell’imputato facevano rilevare che, in ossequio ad una corretta applicazione dell’istituto per come disciplinato dall’art. 464bis del codice di procedura penale, il programma di trattamento allegato all’istanza di richiesta della messa alla prova deve prevedere: a) le modalità di coinvolgimento dell’imputati; b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al ine di elidere ed attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità; ma anche alla lett. c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa. Tale ultima disposizione, facevano rilevare i difensori, si pone in carattere di alternatività concettuale rispetto alle disposizioni precedenti aprendo alla possibilità per l’imputato che abbia avuto modo di intraprendere un percorso di conciliazione con il danneggiato di non ì essere obbligato ad un risarcimento di tipo pecuniario. Tale interpretazione è perfettamente in linea con il principio generale sancito dalla Suprema Corte di Cassazione per cui “è ingiustificato ritenere che la sospensione del procedimento con messa alla prova sia necessariamente subordinata all’integrale risarcimento del danno”(Cass. Pen., Sez. V, sent. 3 febbraio 2015, n. 4610).

Alla luce di questa rilevante interpretazione della norma, i difensori di M.N., imputato per il reato di lesioni lievi aggravate dall’utilizzo di armi per avere colpito durante una manifestazione un individuo servendosi di oggetti contundenti, chiedevano alla Sezione Penale del Tribunale di Cosenza, la quale riteneva indispensabile il risarcimento pecuniario del danno ai fini dell’estinzione del reato, che fosse inserito nel provvedimento di ammissione all’istituto la possibilità alternativa di fornire prova di “condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa”. All’udienza di verifica l’imputato dava prova di avere adempiuto al raggiungimento di un bonario componimento della vicenda con il danneggiato rendendo concettualmente superfluo un risarcimento economico.

Il provvedimento citato si spinge addirittura oltre rispetto ai citati orientamenti della Suprema Corte statuendo non solo che il procedimento di messa alla prova non possa essere necessariamente subordinato all’integrale risarcimento del danno, ma soprattutto che tale risarcimento del danno non può e non deve avere necessariamente natura pecuniaria potendosi, in ossequio a quanto statuito dall’art. 464bis del codice di procedura penale, sopperire attraverso la prova di condotte volte a mediare con la persona offesa così da poter permettere a chiunque ponga in essere reali attività conciliative con la persona offesa, al di la delle condizioni economiche,  di poter beneficiare dell’estinzione del reato.